I principi di redazione del bilancio. Questioni e profili processuali in tema di impugnazione della delibera approvativa.

La norma: l’articolo 2423 c.c.

Il bilancio d’esercizio è quel documento che fotografa la situazione patrimoniale, finanziaria e il risultato economico di un’impresa in un determinato periodo di riferimento.

Il bilancio è composto da tre documenti fondamentali – lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa – e deve quindi essere redatto al fine di assolvere ad obblighi fiscali e di bilancio nonché per fornire agli stakeholder le informazioni fondamentali sull’andamento dell’impresa. Sotto quest’ultimo aspetto, in realtà, è importante precisare che la portata informativa del bilancio non si rivolge solo ai soci, ma anche ai terzi e allo Stato.

La norma che fa da corollario in tema di redazione del bilancio è l’articolo 2423 c.c., in cui al primo comma il Legislatore attribuisce agli amministratori il dovere di redigere il bilancio di esercizio, fissando al secondo comma i principi generali a cui l’organo gestorio deve attenersi nella redazione del documento. Precisamente:

Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.”

Gli amministratori, quindi, sono chiamati a redigere il bilancio di esercizio affinchè questo rappresenti l’andamento dell’impresa in modo chiaro, veritiero e corretto.

Scendendo nello specifico, analizzando la ratio alla base della norma, potremmo allora dire che:

  • con il principio di chiarezza si vuole garantire la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che conducono a determinati risultati;
  • con il principio di veridicità si richiede all’organo gestorio di porsi in una posizione neutrale, redigendo il documento nel modo più oggettivo possibile;
  • il principio di correttezza impone invece di applicare criteri tecnicamente corretti, in modo che la comunicazione dei dati non avvenga in modo deviante.

In sintesi, il fine ultimo dell’articolo in commento è quello di garantire un’informazione il più possibile chiara, completa e veritiera della situazione patrimoniale della società, non solo nell’interesse dei soci, dei terzi e della stessa società, ma anche della collettività nel suo insieme, interessata al regolare funzionamento degli organismi sociali nell’ambito della economia nazionale (in questo senso in dottrina, ex multis, V. Paciello, La clausola generale della precisione di bilancio, Milano, 1988, 34).

 

L’onere della prova gravante sull’attore: l’orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità.

Il tema dell’impugnabilità (e conseguentemente della pronuncia di invalidità della delibera approvativa del bilancio) trascina con se svariate annose questioni, tra cui anche quella relativa all’onere della prova gravante in giudizio sull’attore, ovvero su colui che ritenga che, nella redazione del bilancio, l’organo gestorio non abbia rispettato i principi dettati all’articolo 2423 c.c.

La questione deve essere necessariamente valutata in vista della prassi dei tribunali: invero, molto spesso succede che l’attore – evidentemente perché scarico di argomentazioni ovvero perché promotore di domande esclusivamente dilatorie – tenti di addossare l’onere a lui spettante in capo al convenuto, chiedendo quindi che sia la società di cui è stato approvato il bilancio a dimostrare che questo è stato redatto in modo chiaro, veritiero e corretto.

Non si può non segnalare che, negli anni, la giurisprudenza è stata molto prolifica in tema e sostanzialmente orientata secondo un’unica direttrice: spetta solo ed unicamente all’attore fornire la prova (i) del fatto che il bilancio non è stato redatto secondo i principi ex art. 2423 c.c. nonché (ii) del pregiudizio da lui di conseguenza subito.

Precisamente:

  • nell’impugnazione di delibera di approvazione del bilancio, il socio deve assumere di aver subito un pregiudizio a causa del difetto di chiarezza, veridicità e correttezza di una o più poste contenute nel bilancio ed è onerato della indicazione di quali siano esattamente le poste iscritte in violazione dei principi legali vigenti, spettando poi al giudice nel giudizio sulla fondatezza della domanda, logicamente successivo al vaglio del preliminare interesse della parte all’impugnazione, esaminare le singole poste e verificarne la conformità ai precetti legali (cfr. ex multis Trib. Roma sent. n. 20862/2015; Cass. sent. 6616/2015)” (Tribunale di Roma, sent., 18.01.2023, n. 845 e, nello stesso senso, Corte di Cassazione, Sez. I, 01.04.2015, n. 6616);

 

  • come affermato costantemente nella giurisprudenza di legittimità, la parte che impugna la delibera di approvazione del bilancio di esercizio, lamentando che il documento contabile difetti di chiarezza, veridicità e correttezza, ha l‟onere di indicare esattamente le singole poste in tesi iscritte in bilancio in violazione delle norme vigenti, nonché di enunciare specificamente in che cosa consistano i lamentati vizi del bilancio impugnato” (Tribunale di Milano, sent., 09.08.2017, n. 8652 e nello stesso senso, ex multis, Tribunale di Torino, sent., 04.05.2018, n. 2099; Tribunale di Roma, sent., 19.10.2015, n. 20862; Corte di Cassazione, 01.04.2015, n. 6616; Corte di Cassazione, 09.05.2008, n. 11554);

 

  • con specifico riferimento alla violazione del principio di chiarezza, l’assolvimento dell’onere probatorio gravante sull’attore “è soddisfatto con la produzione in giudizio del bilancio e della documentazione accompagnatoria a questo allegata dagli amministratori da cui emerga l’inosservanza del predetto principio” (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 23/04/2024, n. 10873);

 

L’annosa questione dell’impugnazione dei bilanci successivi.

Da tempo si discute sia in dottrina che in giurisprudenza in tema di interesse ad agire in giudizio per l’impugnazione ex art. 2434 bis c.c., nell’eventualità di intervenute approvazioni di bilanci successivi.

Senza soffermarsi eccessivamente sul punto, è sufficiente dire che il dibattito ha visto contrapporsi due orientamenti.

Un primo, in base al quale è necessaria, per preservare l’interesse ad agire del socio che impugni la deliberazione di approvazione del bilancio, l’impugnazione anche di tutti i bilanci intermedi.

Più di recente, secondo un orientamento di segno opposto (la cosiddetta tesi della cristallizzazione dei dati di bilancio), si sarebbe invece sostenuto l’inadeguatezza del primo orientamento alla luce della formulazione del comma 1 dell’art. 2434 bis c.c., che introduce una “presunzione assoluta di carenza di interesse” nel solo caso di una protratta inerzia del socio o del terzo che non impugni entro l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo.

Nonostante il dibattito sia attualmente accesso e, quindi, non sia possibile indicare una precisa direzione della giurisprudenza, si ritiene opportuno rilevare in questa sede un prezioso e recente intervento della Corte di Cassazione, la quale ha precisato che le impugnazioni delle delibere di approvazione del bilancio non richiedono, dopo l’impugnazione del primo bilancio, anche quella dei bilanci “medio tempore” chiusi nel corso del giudizio, poiché, ai sensi dell’art. 2434 bis, comma 3, c.c., l’amministratore deve tener conto delle ragioni dell’intervenuta dichiarazione giudiziale di invalidità non solo nella predisposizione del bilancio dell’esercizio nel corso del quale questa viene dichiarata, con la conseguenza che la mancata impugnazione di quest’ultimo e dei bilanci intermedi non priva dell’interesse ad agire il socio impugnante (in questo senso, Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 24/05/2023, n. 14338).

 

I limiti alla pronuncia di invalidità della delibera di approvazione del bilancio.

In chiusura, si ritiene opportuno precisare che non sempre una “imperfetta” rappresentazione della realtà dell’impresa può dirsi idonea a condurre ad un giudizio di invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio.

La giurisprudenza e la dottrina sono ormai da tempo concordi nel ritenere che la rilevazione di un difetto di veridicità, correttezza o chiarezza non dovrebbe condurre ad una pronuncia del giudice di merito volta a dichiarare la nullità della delibera approvativa.

In questo senso, eloquente è stato l’intervento delle Sezioni Unite del 2006 che, al fine di dirimere un contrasto giurisprudenziale in atto, hanno così sancito:

“solo un bilancio non veritiero (per tale intendendosi quello in cui venga alterata sostanzialmente, mediante valutazioni di attività e passività sociali artificiose e false, la reale situazione patrimoniale della società, con conseguente lesione degli interessi generali tutelati dalla legge), può determinare la nullità della delibera di approvazione, non anche “un semplice vizio di calcolo e di valutazione in cui si sia incorsi nella compilazione del bilancio” (v., in motivazione, la sentenza n. 906 del 1979, con la giurisprudenza ivi richiamata).

Alla mancanza di verità del bilancio è stata equiparata, ai fini della nullità della deliberazione approvativa, la “inconoscibilità contabile” (Cass., n. 3373 del 1977, cit.), ossia l’impossibilità di conoscere la reale situazione della società, avvertendosi peraltro che la causa di nullità per illiceità dell’oggetto non sussiste quando dalle relazioni degli amministratori e dei sindaci, nonché dalle risultanze della discussione in assemblea sia possibile desumere ulteriori dati ed informazioni che consentano di acquisire un’esatta conoscenza della situazione reale della società e di controllare il rispetto sostanziale dei principio di verità del bilancio (v. Cass., n. 3458 del 1993, cit., in motivazione, con la giurisprudenza in essa menzionata).” (Corte di Cassazione, S.U., 21.02.2000, n. 27).

La citata pronuncia è stata poi ripresa nel tempo anche dalla giurisprudenza di merito. In questa sede vale la pena segnalare il recente orientamento del Tribunale di Milano, secondo cui:

non ogni anche minimo difetto di veridicità, correttezza e chiarezza del bilancio è tale da ridondare nella nullità, anche solo parziale, della delibera di approvazione, ma solo quelli che alterino in modo significativo la rappresentazione patrimoniale ed economica in cui il bilancio consiste o menomino in modo apprezzabile la chiarezza e completezza dell’informazione che esso è chiamato a rendere ai soci e ai terzi” (Tribunale di Milano, sent., 24.04.2021, n. 3456).

Parafrasando quanto riportato, è ormai opinione consolidata che non sia sufficiente il più piccolo difetto di redazione per condurre alla nullità della delibera approvativa del bilancio: la nullità della delibera approvativa potrà essere dichiarata solo nel caso in cui la violazione di uno dei tre principi di redazione sia idonea ad alterare la rappresentazione patrimoniale ed economica del documento ovvero a frustrarne la funzione informativa.