Il diritto di controllo del socio non amministratore. Esercizio e limiti del diritto di accedere alla documentazione sociale ex art. 2476, c.2, c.c.

La norma di riferimento: l’articolo 2476, comma 2, c.c.

La norma di riferimento in tema di controllo del socio non amministratore nelle società di capitali è l’art. 2476 c.c., che introduce la responsabilità solidale degli amministratori verso la società per i “danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società” (comma 1).

All’organo gestorio è pertanto affidato un compito di fondamentale importanza, tant’è che l’efficienza e la capacità degli amministratori ha poi delle ripercussioni dirette sull’andamento della società.

Posto del resto che la discrezionalità delle scelte gestorie non è sindacabile (il richiamo in questo senso è alla cosiddetta business judgement rule), l’amministratore tuttavia deve sempre agire nell’interesse della società e dei soci e, quindi, non può porre in essere atti destinati a pregiudicare l’interesse della società, dei singoli soci o dei terzi.

Per garantire quindi la correttezza dell’operato dell’organo gestorio, il secondo comma della predetta norma stabilisce che “I soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione”.

Il controllo del socio si esplica quindi mediante l’esercizio del diritto di ottenere informazioni dagli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali, nonché mediante l’esercizio del diritto alla consultazione dei libri sociali e dei documenti relativi all’amministrazione. La ratio della norma è quella di fornire al socio gli strumenti per monitorare l’operato degli amministratori e quindi di accertare una eventuale cattiva gestione della società e decidere di esercitare l’azione di responsabilità.

Proprio per la sua funzione di garanzia e salvaguardia rispetto all’operato degli amministratori, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’affermare che il diritto di controllo del socio non amministratore non è né comprimibile, né eliminabile per mano dello statuto: è nulla ogni clausola che lo escluda o ne subordini l’esercizio a particolari condizioni. Ex adverso, sarebbero sempre legittimi gli interventi statutari volti ad ampliare i diritti di controllo, ad esempio imponendo agli amministratori un obbligo di informazione periodica sull’andamento degli affari sociali (in questo senso: Abriani, sub art. 2476, in Benazzo, Patriarca (diretto da), Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 369).

Il concreto esercizio del diritto di controllo: non solo consultazione ma anche estrazione di copia della documentazione sociale

Il diritto di controllo del socio non amministratore ex art. 2476, co. 2, c.c. deve essere interpretato come possibilità – oltre che di consultare la documentazione sociale avvalendosi eventualmente di un professionista di fiducia – anche di estrarre copia di tale documentazione.

Trattasi a ben vedere di una precisazione non di poco conto poiché la possibilità di estrazione di copia (ovviamente con spese a carico del richiedente) appare espressione dell’effettività del diritto di controllo.

Posto invero che spesso la documentazione oggetto del controllo potrebbe essere non solo copiosa ma anche complessa, l’estrazione di copia di questa permetterebbe, in effetti, la compiuta realizzazione del diritto de quo, che altrimenti rimarrebbe un diritto “sulla carta”, ma vanificato (e quindi svuotato) nella sostanza.

A riguardo, la più recente giurisprudenza di merito conferma che – seppur valutabile alla luce delle circostanze concrete e, quindi, avuto riguardo della eventuale presenza di dati e informazioni che necessariamente andrebbero oscurate o celate – il diritto ex art. 2476, comma 2 c.c. si sostanzierebbe non solo nella possibilità di recarsi presso la sede sociale (o altro luogo di conservazione) per prendere visione della documentazione sociale, ma anche di poterne fare copia a proprie spese, specie quando l’analisi della stessa richieda un tempo particolarmente lungo o attività di speciale complessità (in questo senso, ex multis, Tribunale di Catanzaro, Sez. spec. in materia di imprese, Ord., 10.01.2024, n. 12; Tribunale Milano, Sez. spec. in materia di imprese, Ord., 29.04.2022).

Del resto, una questione certamente molto pratica che ha impegnato in più occasioni la penna dei giudici riguarda l’esercizio del diritto di controllo da parte di quel socio che, in passato, ha partecipato – da solo o quale parte di un CdA – all’amministrazione della società.

Nonostante la questione possa porre dei dubbi di compatibilità tra il diritto di controllo e la carica ricoperta (specie se cessata da poco) la giurisprudenza è da tempo convinta della sostanziale irrilevanza dell’incarico in precedenza rivestito dal socio che all’atto della richiesta non è più amministratore. Secondo l’opinione dei giudici di merito, invero, “è necessario e sufficiente che il richiedente sia socio, a prescindere dalla entità della partecipazione al capitale sociale, e che non partecipi attualmente all’amministrazione della società” (Tribunale di Catanzaro, Sez. spec. in materia di imprese, Ord., 10.01.2024, n. 12).

La pregressa partecipazione all’organo amministrativo non può quindi impedire o limitare il diritto di controllo da parte del socio, atteso che l’incompatibilità logico-giuridica fra diritto di accesso del socio e carica amministrativa viene meno con la cessazione dalla carica stessa.

Da ultimo non si può non rilevare come, nella prassi, siano molti i tentativi di svuotare di sostanza il diritto di controllo del socio non amministratore.

In più occasioni, invero, si è ritenuta illegittima la condotta dell’organo gestorio che, dopo aver riscontrato positivamente le richieste del socio ed averlo quindi autorizzato all’accesso alla documentazione sociale, abbia di fatto ostacolato – se non del tutto neutralizzato – il concreto esercizio del diritto.

Ciò è quanto si è ritenuto ad esempio in casi in cui l’accesso alla documentazione è stato subordinato al pagamento di una somma di denaro, ovvero nell’ipotesi in cui la documentazione da esaminare sia stata preventivamente collocata presso professionisti o terzi la cui ubicazione aggravava notevolmente (se non addirittura pregiudicava del tutto) la reperibilità della documentazione stessa.

I limiti: è illegittimo l’esercizio del diritto quando finalizzato a scopi diversi da quelli informativi

Deve riconoscersi l’esistenza di restrizioni in ordine ai diritti di controllo del socio in omaggio al principio generale di buona fede e di correttezza e sono pertanto da considerare illegittimi i comportamenti che in concreto risultino rivolti a fini diversi da quelli strettamente informativi.

Il socio deve, pertanto, astenersi da una ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità di turbativa dell’operato di questi ultimi con la richiesta di informazioni, di cui il socio non abbia effettivamente necessità, al solo scopo di ostacolare l’attività sociale.

In questi casi, infatti, l’esercizio del diritto non potrebbe ricevere tutela, in quanto mosso da interessi ostruzionistici tali da rendere più gravosa l’attività sociale, con conseguente legittimità del rifiuto opposto dagli amministratori di fornire informazioni o consultare la documentazione.

In altri termini, più generali, si potrebbe quindi affermare che il socio non può e non deve mai esercitare i propri diritti con modalità tali da recare intralcio alla gestione societaria o, comunque, con deliberato proposito di ledere gli interessi societari (in questo senso, ex multis, anche Tribunale di Torino, 23.10.2020).

Ne consegue che in tutti i quei casi in cui vi sia il rischio concreto che la richiesta di accedere alla documentazione sociale inoltrata dal socio sia mirata a scopi diversi da quelli informativi (e quindi essenzialmente al fine di aggravare l’attività gestoria o comunque cagionare pregiudizio alla società), sussiste un vero e proprio obbligo di rifiutare l’accesso alle informazioni sociali riservate in capo agli amministratori, che, in caso di inadempimento, sarebbero responsabili dei danni provocati alla società dall’indebito uso che il socio avesse fatto di dette informazioni.

Se ne ricava quindi che, nonostante la “sacralità” del diritto di controllo attribuito al socio non amministratore e degli interventi giurisprudenziali mirati a non svuotare il contenuto di questo diritto, il socio deve comunque esercitarlo entro certi limiti e comunque esclusivamente perseguendo finalità di carattere informativo e in modo tale da non arrecare pregiudizio alla gestione sociale.